Oggi mi è capitato un caso davvero particolare tra le mani che di cui vorrei mantenere traccia . Si tratta di un caso di fallimento di un soggetto, Enrico, che possedeva una lavanderia. Sono stata designata curatrice del suddetto fallimento e ho comunicato ad Enrico il mio obbligo a dover stilare un inventario di tutti i beni facenti parte della sua – ormai ex- impresa.
Nel fallimento l’inventario è uno strumento utilizzato dal curatore per individuare in maniera sintetica ma precisa i beni del soggetto fallito. Con l’ausilio di un tecnico nominato dal Tribunale, il curatore ha il compito di stimare e prendere in consegna questi beni. Il curatore nominato è quindi tenuto a redigere l’inventario nel più breve tempo possibile, anche se in realtà non c’è un termine prestabilito che indichi il limite temporale di preparazione.
Per poter effettuare una stima dei beni del fallito il curatore necessita appunto dell’aiuto di uno stimatore che lo accompagna nel processo di identificazione e nella stesura di una descrizione con l’elenco completo dei beni da inserire nell’inventario, salvo il caso in cui per la difficoltà dell’esecuzione della stima (di qualche bene particolare) non sia necessaria una relazione a parte. Tuttavia, nel caso in cui il bene risulti di valore modesto, il curatore ha la facoltà di scegliere di non nominare uno stimatore come pure nel caso in cui invece il bene in oggetto non risulti conveniente, è possibile per il curatore rinunciare all’acquisizione o liquidazione dello stesso una volta ricevuta l’autorizzazione dei creditori.
Ho rammentato ad Enrico che nella preparazione dell’inventario un’altra figura di rilievo è quella del cancelliere che assiste in questa importante operazione di redazione del processo verbale. Questo perché il curatore, nominato amministratore del patrimonio, ha la responsabilità della custodia dei beni inventariati e pertanto deve essere seguito da vicino.
Anche il fallito ha un suo ruolo fondamentale in tutto ciò, poiché verrà interpellato dal curatore a dichiarare l’esistenza di altre attività nell’interesse dell’amministrazione fallimentare stessa, chiarendogli quali sono le sanzioni nel caso di omissione o falsificazione di quanto dichiarato in fase di apertura e chiusura dell’inventario.
Mi ha chiesto Enrico: “Però avrei una questione da porle, dato che non ne so molto in fatto di fallimenti. In negozio ho ancora tantissima roba dei miei clienti, in attesa di essere restituiti. Come devo comportarmi in questo caso?”
Ebbene nella situazione in cui è incappato Enrico ci sono soggetti terzi che godono di diritti reali o personali verso determinati beni mobili (gli abiti in questo caso) dove la soluzione è molto semplice, perché non è oggettivamente possibile contestare tali diritti verso i soggetti terzi. In questo caso poi si tratta di beni di modesto valore.
Cosa diversa è quella in cui noi curatori ci troviamo dei beni di un certo valore (ad esempio computer) nell’azienda fallita. In tal caso vale la regola del “possesso vale titolo”, per cui il vero proprietario del bene dovrebbe poi fare un’istanza di rivendica per riprendersi il bene, fornendo però adeguata dimostrazione di essere effettivamente il proprietario del bene.
E’ un problema che non sussiste nel caso di beni mobili registrati (auto, moto, ecc.), ma è invece tale per gli altri beni mobili. Bisogna fare attenzione quindi a lasciare un bene mobile ovunque senza documentazione adeguata del perché si trovi in quel determinato posto. Ecco perché consiglio ai miei clienti, nel caso in cui ad esempio diano in prestito dei macchinari, di sottoscrivere almeno un contratto di comodato d’uso gratuito con data certa, così che ci sia documentazione comprovante a chi appartiene effettivamente lo stesso.
Mentre scrivo questa pagina, sono ancora al mio studio a Civitanova stasera….non ho la mia tisana….la riserverò per il momento della mia lettura serale prima di andare a dormire. Non è un segreto per i miei cari che odio la TV.
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