Non ho più voglia di aprire il telefono, di accendere la TV (anche se quest’ultima non l’ho mai avuta), di leggere sui social, di vedere la gente dire e scrivere cattiverie. Sono tutti diventati medici, infermieri, politici, economisti, tutti esperti di tutto. Pochi sono quelli che postano sui social cose simpatiche, per sdrammatizzare, per cercare di non pensare in ogni momento al virus. Appena scherzi un po’, appena cerchi di far cadere un po’ di tristezza, ti additano come se fossi un incosciente che non si rende conto della reale situazione. Ma non si può morire mentalmente. Penso dentro di me che anche dell’epoca della guerra sorridevano, si innamoravano, cercavano di non pensare a chi era al fronte. Diversamente sarebbero impazziti.
L’emergenza sanitaria è di certo quella più importante, ma di pari passo cammina quella economica. Se le persone non comprendono che è necessario non lasciarsi andare, è opportuno non sedersi semplicemente su un divano, ma ognuno di noi impegnarsi per quanto possibile a tenere in piedi il lato economico, ci troveremo con imprese che falliranno, che si porteranno dietro altre imprese e che non daranno più lavoro e non verseranno più le imposte, quelle imposte che tanto sono essenziali a garantire i servizi vitali, come la sanità o il pagamento delle pensioni ai soggetti più deboli. Leggo qualcuno che scrive che l’aspetto economico non è importante e io non capisco proprio il filo del ragionamento. E’ più che ovvio che innanzitutto si pensa alla salute, non c’è bisogno di dirlo. Ma la salute va a braccetto con la dignità umana di poter sopravvivere.
Siamo ancora in attesa di avere il decreto, quello che i media chiamano maxidecreto, con cui dovrebbero sospendere i versamenti di imposte e contributi e con il quale ci dovrebbe essere anche il congelamento di mutui, bollette e affitti. Sì, è il 13 marzo ed è venerdì. Le scadenze sono lunedì 16 marzo e ancora non sappiamo niente di certo. Di fatto abbiamo dovuto preparare tutto. Sì, in questa incertezza, abbiamo dovuto preparare tutto, abbiamo dovuto preoccuparci anche di questo. Ricorderemo anche questo, anche questa mancanza di rispetto non solo nei confronti delle vite umane (perché le strutture sanitarie non stanno reggendo il numero degli ammalati), ma anche nei confronti di chi lavora e deve uscire di casa necessariamente per non incorrere in sanzioni di mancati versamenti.
Sono uscita a fare la spesa stamattina. Al rientro mi sono augurata che non arrivasse presto il momento in cui sarei dovuta uscire di nuovo. Fuori è tetro. Si esce con mascherina e guanti. Si sta attenti solo a mantenere una distanza più lunga possibile. Non sai nemmeno chi sia la persona che ti sta distante. O forse nemmeno hai voglia di saperlo. Vuoi fare il presto possibile quello che stai facendo e senti solo la voglia di ritornare quanto prima a casa. Non c’è un saluto. Ti sembra di essere un estraneo fra gli estranei. Non c’è un sorriso, non c’è una battuta. C’è solo tristezza e paura, che prevalgono quando sei fuori, al forte sentimento di rabbia che invece hai quando sei a casa e leggi solo notizie terrificanti. Quei pochi occhi che incontri, per lo più quelli dei commessi, hanno dentro il terrore dell’ignoto, di quello che ci potrebbe accadere. Con gli altri che incontri non hai nemmeno il coraggio di guardarti. A chi toccherà?
Non l’ho vissuta la guerra per mia fortuna, in questo momento vorrei tanto parlare con chi l’ha vissuta, per sapere come si sentivano quando c’era il rischio di bombardamento. A chi sarebbe toccata la bomba? Dove sarebbe caduta? Chi avrebbe ucciso? Quante vittime?
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