In questo anno mi accompagnerà al risveglio la frase di un calendario filosofico. Stamattina dice:
“La vita non è trovare te stesso. La vita è creare te stesso.”
(George Bernard Shaw)
Oggi torno a studio dopo aver sospeso per le feste per qualche giorno. Si riparte!
Questa giornata è dedicata all’aggiornamento, a programmare un po’ tutto l’anno e a fare qualche chiamata per riprendere dei discorsi lasciati in sospeso.
Colpisce la mia attenzione un articolo nel quale sostanzialmente c’è scritto che se il prezzo è la variabile più importante del nostro lavoro….allora non abbiamo la percezione giusta del nostro business.
I fattori razionali come la parcella (e quindi il prezzo) o la preparazione specifica del professionista, cioè le specializzazioni, non sono determinanti, nella maggior parte dei casi, per la scelta dello studio da parte del cliente. Quindi mi chiedo: quali sono allora i fattori che influenzano le decisioni del cliente?
Comincio a pensare alla scena di un incontro tra cliente e professionista. E mi metto a ripassare quello che mi è stato insegnato per abilitarmi come coach.
Il professionista inizia un colloquio o una trattativa con il cliente, dedicando spesso più tempo a presentare la sua consulenza piuttosto che ascoltare. Il cliente al contempo ascolta e si fa una sua idea. Ma su cosa si basa questa sua idea? Forse, come molti credono, solo sulla dovizia dei contenuti? O anche sul tono della voce e sulla passione che l’esperto mette nella sua esposizione? Queste sono senza dubbio le principali caratteristiche che ci verrebbero in mente, ma in accordo con recenti studi psicologici, non sono affatto quelle determinanti. Cosa dovremmo fare, allora, per attrarre a noi un maggior numero di clientela?
E’ stato dimostrato che la gestualità e la mimica facciale hanno un’incidenza di oltre il 55%. Questo cosa significa? Che un professionista competente nel suo campo ma avente una teatralità nei movimenti poco spiccata avrà sempre meno avventori di uno abile nel dosare la gesticolazione?
Sembra impossibile, ma è proprio così! E, se non siamo proprio convinti, proviamo ad immaginare due persone che vi riferiscono la stessa identica frase, ma una fissandoci negli occhi e con un volto che trasmette convinzione, mentre l’altra roteando lo sguardo e con un tono insicuro e monotono.
Quale delle due preferiremmo? Su chi faremmo più affidamento? Come potremmo ovviare a questo inconveniente? ….mi faccio tutte queste domande…
Il primo errore è presumere che chi abbiamo davanti capisca il linguaggio tecnico che prevede la nostra professione. Se non dovesse essere così? E’ ovvio che daremmo l’impressione di alterigia o di confusione…
Il secondo errore è quello di concentrarsi solo su concetti da enunciare, senza curare minimamente il tono della voce e la gestualità, caratteristiche che rappresentano la principale causale dell’impressione che le persone hanno su di noi.
Il terzo errore è quello di cercare di metterci nei panni del cliente, ma mantenendo i nostri punti di vista. Penso a quante volte anche a me è stato detto: “si fidi di me!” e poi sono stata ingannata. Queste sono espressioni fin troppo sentite, che escono dalla bocca di chiunque.
Non ci sarebbe pertanto un motivo, anche apparente, per il quale il cliente sarebbe portato a sceglierci.
Come riuscire allora ad individuare i nostri punti deboli? In realtà un metodo pratico e veloce esiste, ovvero registrare la nostra voce, meglio se fatto mentre conversiamo con il cliente. Penso però alla privacy….e in quest’ultimo caso è necessario chiedere un’autorizzazione al cliente, specificandone l’uso strettamente personale.
Un modo interessante di iniziare l’anno …
Namastè….
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