“Atene fu distrutta dalla paura della peste, non dalla peste”.
Domanda ricorrente di questi giorni è: quali dispositivi di protezione devo utilizzare? Quali mascherine?
I medici della peste rappresentano una figura storica affascinante e misteriosa. Essi eseguivano terapie che spesso si risolvevano in un nulla di fatto e per farlo indossavano un abbigliamento particolare, una divisa completa di tonaca, guanti, cappello, scarpe e una canna con cui tenere a debita distanza il malato.
La tonaca era un lungo abito nero in tela cerata. Vi era anche compresa un’agghiacciante e grottesca maschera con un becco a punta. L’aspetto era spaventoso.
La maschera dei medici della peste aveva delle aperture agli occhi, protette da lenti, due buchi per il naso e un becco a punta. Il becco era utilizzato come forma isolante e all’interno veniva posto un fazzoletto impregnato di aceto e erbe. Venivano infatti inseriti fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio e spugne imbevute di aceto. Si riteneva infatti che il contagio della peste avvenisse attraverso l’olfatto. Si pensava, in altre parole, che le malattie infettive si diffondessero nell’aria attraverso i propri miasmi.
Girano un sacco di video su come produrre le mascherine e allora, nella pausa tra una consulenza e l’altra, mi diverto a vedere i siti che mostrano i tutorial “maschera medico della peste fai da te”: mi pare possa essere un’idea carina. Ci vuole un bel coraggio però ad indossarla!
Sorrido tra me e me e penso……resta però che al cliente devo dare una risposta seria. E allora quali sono le mascherine che vanno utilizzate da quando i cancelli saranno aperti?
Le regole cambieranno, questo è certo, così come sono state modificate le nostre vite e anche il nostro modo di muoverci e di compiere azioni quotidiane. Quali mascherine usare, quali sono le migliori? In base a quali criteri scegliere?
Leggo il protocollo di sicurezza pubblicato dall’INAIL e poi l’allegato 6 all’ultimo decreto, quello del 26 aprile, ma non ci sono molte spiegazioni su quali mascherine utilizzare.
Cerco notizie sulle mascherine di tipo chirurgico. Gli esperti scientifici dicono che proteggono gli altri, ma difficilmente proteggono chi le indossa.
Dalla mia ricerca sembra che altra cosa siano i DPI, i Dispositivi di protezione individuale, facciali filtranti del tipo FFP2 e FFP3. Si definiscono così perché servono a proteggere chi le indossa ma non proteggono gli altri, soprattutto quelli con valvola, proprio per il meccanismo di apertura della valvola stessa che filtra l’aria in entrata ma non quella in uscita.
E infine ci sono le FFP2 e FFP3 senza valvola che dovrebbero proteggere sia chi le indossa che gli altri.
Ora però la parte più comica che voglio lasciare impressa nelle mie pagine di diario è: quanti sanno utilizzare questi dispositivi? Sembrerebbe addirittura più opportuno non avere una mascherina, piuttosto che averla e non saperla utilizzare, perché in questo caso il rischio contagio aumenta.
Le mascherine tra l’altro sono usa e getta, andrebbero cambiate non appena si inumidiscono ed eliminate dopo l’utilizzo.
Vanno indossate secondo certi criteri: innanzitutto bisogna lavare bene le mani e poi porre la mascherina sul visto stando attenti a coprire naso e bocca. Tutte le mascherine dovrebbero avere un ferretto che va stretto sul naso per permettere una maggiore aderenza al viso.
Si trovano già sul mercato delle mascherini che sono lavabili o che è possibile sterilizzare dopo l’uso.
Mica male, penso, se ci dotassimo di mascherine con dentro un fazzoletto imbevuto di aceto e fiori secchi? Può essere l’idea per un nuovo brevetto?
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